— 76 — irredenti. Da noi la lotta combattuta coi tedeschi, più che come un’agitazione per una scuola, fu sentita come la prima diana di una guerra di popoli, che attende dal destino la sua ora. Quella violenza di assalti, che le necessità politiche impediscono a Trieste, fa usata con entusiasmo a Graz e a Yienna e parve l’espressione più vera e più sincera dell’animo, non degli studenti soli, ma del popolo intero. Ormai venga o non venga l’università, l’agitazione ha per se stessa un valore. È la voce del nostro popolo che risuona dalle città straniere a protestare contro i nemici, a chiamare al soccorso i fratelli. VI. — La scuola italiana. Mentre l’Austria tentava una assimilazione di italiani, esercitata su pochi e in modo incompleto e miserevole, la città italiana assimilava stranieri con la tranquilla onnipotenza del mare, che accoglie e agguaglia alla sua natura le acque dei mille fiumi, che separatamente sboccano a lui. Malgrado che, a pochi passi dalla città, il Carso fosse abitato da masse compatte di slavi; malgrado che nella città ci fosse un numero bastante di tedeschi da poterne fare una colonia chiusa, pure gli stranieri che venivano a Trieste, fino a pochi anni fa, non trovavano dei gruppi che appena arrivati li irregimentas-sero in una organizzazione nazionale e li ponessero a contatto solo con dati ambienti. Nemmeno Venivano qui come tedeschi o slavi ; venivano qui singoli e isolati per trovare lavoro e pane, e cadevano irremissibilmente in mezzo alla vita italiana del paese. Prendiamo un operaio slavo ohe fosse venuto a Trieste a lavorare. I compagni di lavoro erano italiani, i compagni di abitazione italiani, i com-