— 210 — talia dovrà sentire in tutte le ore e specialmente nelle ore del pericolo l’incubo di quella flotta che incrocia perennemente nell’Adriatico, aspettando di vendicare nel piccolo mare la sua impotenza ad affrontare vittoriosa mari più vasti e più lontani. Per quanto sia forte dovrà sempre temere quell’esercito che stando dietro le sue spalle ha bisogno della guerra come del pane, mentre il suo Governo potrà trovarsi sempre in necessità di salvare con una nuova conquista, lo Stato già troppo vasto per poter vivere in pace. Solo il possesso dall’Adriatico, delle sue coste, delle sue estremità settentrionali, con i suoi golfi portuosi e le sue montagne fatte per essere confini di popoli e frontiere di stati, potrà dare all’Italia la base sicura per imprese pacifiche e militari in terre e in mari più lontani e più ricchi. Alcuni, vedendola città della borghesia, hanno stabilito che Trieste debba avere una missione di mezzana commerciale fra le diverse razze che le stanno intorno; hanno voluto trarre lieti auspici per i suoi destini, dalle loro speranze sull’avvenire federalistico dell’Austria. Pensando a ciò costoro hanno dimenticato le aspirazioni e i bisogni dell’Italia. Noi non discutiamo la possibilità del trialismo e della autonomia locale di Trieste entro l’impero austriaco. Noi gettiamo in faccia a tutti il nostro sogno d’un impero. Yogliamo conquistare: che ci im- 211 porta delle giustizie nazionali o delle convenienze internazionali o morali. Siamo la città borghese, ma la borghesia non è soltanto il commercio, è anche l’idealità borghese. Ieri era la libertà e per lei fu combattuto; oggi è l’impero e lo conquisteremo. Noi lanciamo il nuovo atto di fede e la nuova sfida che non discute, non dubita, non parteggia, non ha limiti. L’Italia sia illuminatrice e dominatrice di popoli, se no, la inghiotta il mare. Anche noi siamo italiani e non vogliamo altri destini che i destini d’Italia.