d’annunzio e la guerra 685 vecchi amici da tanto tempo lasciati e dimenticati. Quando non va a Villa Borghese con loro, od al Castello dei Cesari a pranzo, riceve aH’Hótel Regina dove abita; e, alla sua tavola, si alternano compagni, amiche, stranieri, simpatizzanti. Mai io rammento, negli anni passati col Poeta, d’aver tanto e cosi abbondantemente e gaiamente banchettato. Dirò a sua discolpa (se di discolpe, per un uomo come d’Annunzio, può esservi bisogno) che la sua utilizzazione militare non era ancora stata definita. E aggiungerò, a suo merito, che egli aveva fatto intendere chiaramente al generale Cadorna, che non avrebbe accettato incarichi « onorari » od intesi comunque a sottrarlo al pericolo. Ma rimarrà pur sempre misterioso ed inesplicabile che egli non provasse neppure un istante un bisogno di raccoglimento e di preparazione mentale alla nuova ed aspra esistenza che stava per iniziare. Attendeva si con impazienza di essere inviato al fronte, ma intanto se la spassava allegramente in piccole e grosse avventure che la sua gloria e l’aureola onde era circonfuso, dal giorno del suo arrivo in Italia, gli rendevano sempre più facili. L’attesa del nuovo e pericoloso gioco della guerra, « il più grande dei giuochi », sembrava avergli acuiti, irritati i desideri di quelle battaglie incruente che si svolgono, come dice Calderón de la Barca, su di un « campo de plumas». La verità è che, in lui, la sensualità, anche quando sembra assente, è soltanto sopita, e che qualsiasi terreno è buono per farla rigermogliare violentemente. Questi ozi di Capua durarono qualche settimana. Poi un bel giorno, il 17 luglio 1915, senza che nessun fatto nuovo avvenisse, per uno di quei mutamenti bruschi di cui troviamo mille esempi nella sua vita e che sembrano determinati da misteriose imposizioni del Destino piuttosto che da decisioni della sua volontà, Gabriele d’Annunzio, indossata la divisa di tenente, parti per il fronte.