DA CASA DI CAMPAGNA IN VITTORIALE 777 solante e, per noi suoi compagni, era aggravata ancora dalla solita temperatura equatoriale di tutte le case di d’An-nunzio, preparata, per il ritorno del sospirato padrone, dalla fida cameriera Aélis rimasta a Venezia durante tutto il periodo dell’impresa fiumana, a fedele guardia di quella nuova casa inoccupata. Il giorno seguente all’arrivo, senza por tempo in mezzo, d’Annunzio convocò per il pomeriggio gli ex « marescialli » del suo effimero impero. Eravamo in sei. Trovammo il Comandante esasperato, nervosissimo, turbato oltre ogni dire dal disordine inenarrabile che regnava nell’appartamento. Si aggirava per le stanze senza scopo apparente, e il suo sguardo si posava con malinconia ora sull’angolo rovinalo di un mobile, ora su un cassetto semiaperto che sbavava dall’apertura pacchi di documenti e di carte, ora su mucchi di tappeti polverosi affastellati in un angolo. Visione per lui irritante e debilitante al sommo grado. Ci comunicò brevemente come gli fossero state offerte da ammiratori e da uomini d’affari molte ville e palazzi per una sua nuova residenza in Italia. Scartò a priori la Sicilia e tutta l’Italia meridionale, perché lontane, e ci ordinò di andargli a cercare nelle altre regioni d’Italia una dimora che, a nostro giudizio, potesse convenirgli. Assegno ai miei camerati, come località ove la ricerca doveva essere effettuata, i laghi di Como e Maggiore, la Riviera di Ponente, il Bolognese. A me attribuì, con lo stesso incarico, il Lago di Garda. E concluse, con una intonazione tra il tragico e lo scherzoso: « Se entro otto giorni nessuno di voi mi avrà trovato una casa conveniente, dato che in questo accampamento veneziano non intendo rimanere in nessun caso, mi butterò nel Canale ». Dopo aver congedato gli altri, mi fece cenno di rimanere e mi disse: « Ho attribuito a te il Lago di Garda perché sento che è là che il mio destino mi spinge ad abitare. Tu solo conosci le mie predilezioni, i miei vizi e le mie virtù; gli altri non mi conosco-