LA CORRISPONDENZA DEL POETA 503 nuti per prendere visione di una lettera e 10 per scrivere la risposta, ne deriva che d’Annunzio, per far piacere agli ammiratori ed agli scocciatori del mondo intero, avrebbe dovuto sacrificare una dozzina di ore al giorno. Le rimanenti dodici, essendo logicamente, per lui come per qualunque altro essere umano, riservate ai pasti ed al sonno, egli non avrebbe, dai vent’anni in avanti, potuto più produrre niente, e non avrebbe fatto altro che leggere lettere e telegrammi, rispondere, aprire pacchi, giudicare libri e manoscritti ecc. ecc. Siccome invece, durante quel periodo della sua vita, d’Annunzio ha trovato modo di far dono all’umanità di più di 50 opere (delle quali una trentina rappresentano, ciascuna, una media di 450 pagine a stampa); siccome, oltre a questo immane lavoro, ha fatto la guerra per quattro anni, ha viaggiato, ha conquistato una città e l’ha governata per due anni, sarà interessante vedere in che modo egli abbia genialmente risolta la questione della corrispondenza, tenendo presente che, come ho già detto altrove, egli non si è mai servito (almeno a questo scopo) né di un segretario, né di una steno-dattilografa, né (per le lettere) di una macchina da scrivere, né di « dictaphone », né di trasmissioni vocali a mezzo della radio, invenzioni tutte da lui ritenute inutili o diaboliche. A questo punto i lettori avrebbero il diritto di chiedersi in che cosa consistesse la mia carica di «segretario particolare » di Gabriele d’Annunzio, visto che egli non mi affidava il compito di rispondere alle sue lettere. Infatti, in circa trent’anni di vita comune, io credo d’avere risposto a nome mio, a non più di dieci lettere e di una dozzina di telegrammi. E anche in questi rarissimi casi, il più delle volte mi limitai a ricopiare un testo preparato da lui, e che egli desiderava figurasse come scritto da me, per ragioni e finalità sue particolari. La funzione del « segretario » di d’Annunzio consisteva nel trattare i suoi affari editoriali, teatrali e cinematografi-