l’uomo fisico 27 prenderle un mese dopo. Alle volte si fa dare una ricetta per un malessere passeggero e ne usa poi per tre, quattro anni, quando neppure il suo medico si ricorda più di avergliela prescritta. La sua ingenuità in questo campo è prodigiosa. Una notte alle tre, dal Vittoriale, invia questo biglietto al dottor Duse, suo medico curante, che abita a Salò: « Sono triste e ammalato, portami subito un rimedio ». Il dottore, che lo conosce bene, fa finta di trovare naturalissima la richiesta, benché preceduta da una autodiagnosi cosi vaga. E arriva al Vittoriale dopo una mezz’ora con una medicina qualunque, una specialità tra calmante ed innocua, come ce ne sono mille nella farmacopea. D’Annunzio glie ne è riconoscentissimo e la inghiotte immediatamente, sicuro del risultato. Un giorno, tornando da una gita sul lago di Garda, fatta nel suo « Mas » (il « Mas » di Buccari) con tempo burrascosissimo, dopo aver subito una forte dose di pioggia e di vento, chiese al dottore se Tessersi esposto in tal modo alle intemperie poteva fargli male. Il dottore rispose: « Caro Comandante, lei ha un fisico tale, che peggio fa, meglio sta ». Non l’avesse mai detto ! La definizione piacque tanto al Poeta, ch’egli la ripetè, la scrisse e la telegrafò a mezzo mondo. Per ciò che riguarda la temperatura dell’ambiente, il corpo di d’Annunzio ha una singolare analogia con quello dei cani. Tutti gli amatori di cani sanno come questi animali possano passare ore intere d’inverno accanto al fuoco, tanto vicino, talvolta, da bruciacchiarsi il pelo, e come (colla massima indifferenza) un cane possa abbandonare il camino, che rappresentava per lui sessanta gradi di calore, per uscire in giardino e voltolarsi beatamente nella neve. Identico è d’Annunzio. Una volta che è bene imbacuccato, affronta, a piedi, in automobile o in un veicolo qualunque, temperature anche bassissime; in casa, viceversa,