588 VITA SEGRETA DI GABRIELE D'ANNUNZIO tengo in compenso che, per quest’altracategoria di «grandi amici » di cui ora mi occupo, le dita dei piedi e delle mani non basterebbero alla enumerazione. Non essendo però io Leporello, il lettore mi dispenserà dal presentargli il monotono e certo incompleto catalogo di questi illustri mortali, catalogo in cui nomi notissimi troverebbero posto accanto a nomi oscurissimi, nella più commovente fraternità. Fra essi ben inteso vi sono quelli che sanno o che hanno sapco e quelli (i più numerosi) che probabilmente non conosceranno mai la gloriosa avventura di cui furono vittime. Le lettere, qualche volta numerose, scritte da d’Annunzio alle loro caste compagne non stanno forse a provare il carattere assolutamente scevro di impurità, della lunga o breve amicizia del Maestro con quelle ottime signore? Come dubitare, dinanzi a documenti cosi eloquenti? Essi dimenticano che d’Annunzio (più astuto in questa materia della più astuta delle volpi), nel campo amoroso, agisce moltissimo, dice poco e non scrive quasi mai nulla, se pensa che lo scritto lo possa compromettere. Qjuanto ai poco numerosi che, durante e dopo l’avventura, hanno saputo, ed hanno subito stoicamente il fatto, dopo tutto poco gradevole, che era loro capitato sulle spalle o, se si vuol essere più precisi, sulla testa, sarebbe ingiusto scagliare loro la prima pietra. Essi hanno una grande attenuante: quella d’essersi trovati nelle identiche circostanze e condizioni in cui si trovavano anticamente e si trovano ancora qualche volta i mariti di quelle signore sulle quali un sovrano, che si chiami Luigi XIV o Manuel, Cesare Augusto o Stalin, ha posato i suoi occhi pieni di intenzioni inconfessabili. Ditemi voi che cosa avrebbero potuto fare? Rendere notoria, con un suicidio od un assassinio, una avventura ignorata dalla maggior parte della gente e della quale lo scandalo, data la celebrità del seduttore, non avrebbe mancato di espandersi e fiorire sino agli estremi limiti