d’annunzio e la guerra 697 che io li farò lasciare in un posto neutro dove potrà poi mandare a prenderli quando vorrà! I colpi di mano non fanno che rendermi inutilmente ridicolo e mi obbligano a rappresaglie incresciose... »? Dei sentimenti di d’Annunzio verso i capi militari stranieri, dirò che egli sinceramente ammirava Gallieni, difensore di Parigi, amicissimo suo, del quale ho parlato in un altro capitolo, Pétain, Gouraud, Lyautey (pure amico suo personale), Mangin, Kitchener, Brussiloff, e qualche altro che non ricordo. A differenza di molte persone (e non parlo solo dei borghesi) che, in ogni singola nazione, dando prova della più perfetta incoscienza, seguivano le vicende della guerra da un punto di vista esclusivamente nazionale, quasi che le vittorie ed i rovesci sui fronti alleati non potessero avere nessuna ripercussione sul proprio, d’Annunzio concepì sempre la guerra come unica ed inscindibile, assai prima che prevalesse nei Comandi alleati il famoso concetto, tanto difficile poi ad applicarsi, del fronte unico; e benché egli svolgesse la sua attività militare esclusivamente in Italia, seguiva in pari tempo col più grande interesse le operazioni sugli altri fronti e principalmente su quello francese. Due ragioni d’ordine sentimentale concorrevano a determinare questo suo speciale interessamento; l’una, l’aver egli assistito agli eroici sacrifici francesi dei primi dieci mesi di guerra; l’altra, l’esser egli sempre stato, come lo è rimasto a guerra finita, un ferventissimo amico della Francia dal punto di vista spirituale e culturale, l’uomo che aveva scritto quel patetico verso riassumente il suo pensiero: «France, France, sans toi le monde serait seul! », firmandosi: « Le borgrte combattant de l’Aisne ». ì' Già durante i giorni della disperata difesa di Verdun, ¿’Annunzio che si trovava in breve permesso a Venezia, passava, con me, i giorni e le notti frequentando continua-