l’uomo morale e... immorale 67 solitaria. Lo accompagno, ben sapendo che la mia presenza gli è tanto abituale che non può importunarlo. È l’ora del tramonto. Ci imbattiamo in un teatro di burattini, circondato da una folla di bambini estatici. D’Annunzio si siede in mezzo a loro e vi rimane due buone ore. Non se ne sarebbe andato più, se a un dato momento il burattinaio, attraverso la tenda, non l’avesse riconosciuto e non avesse creduto suo preciso dovere d’ «interventista » di far dire ad un burattino che martellava la testa di un altro: «Cosi faremo a Giolitti se non la pianta! » D’Annunzio rise di cuore, poi si volse verso di me e disse: « Cominciano le allusioni politiche: è prudente che ci ritiriamo ». Oltre all’allegria, una delle caratteristiche del suo temperamento è quella di essere « taquineur ». Si diverte a creare a bella posta e per gioco piccole sofferenze special-mente alle donne ed ai bambini; prendere in giro con garbo, promettere una cosa e poi far finta di scordarsene; simulare di essere offesissimo per una cosa che non gli fa né caldo né freddo ; fare domande imbarazzanti per vedere come l’interlocutore se la caverà; dire una cosa apparentemente spiacevole con l’aria più seria del mondo, canzonare con grazia per un difetto, contraddire sistematicamente e sistematicamente punzecchiare. Egli stesso lo riconosce: « Ho cercato » dice « di perdere e di correggere tutti i miei difetti, ma non sono riuscito a guarire dal difetto di “taquiner” il prossimo. Anche la mia mamma lo diceva sempre e mi portava questo esempio della mia prima infanzia: Persino quando la balia ti presentava il seno destro, tu pretendevi il sinistro pur di imbizzarrirla” ». Lo spirito di contraddizione è in lui portato al parossismo, come pure l’abitudine di far sempre come gli pare anche contro l’opinione di tutti. Una persona che lo conosceva assai bene, Eleonora Duse, soleva dire, dopo essersi inutilmente sforzata con la dolcezza e con la persuasione di impedirgli di commettere