120 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO infarciti di una morbosa sentimentalità da impotenti, velata da una falsa rettitudine, spandono un cattivo odore di santità. Qiianto alla sua poesia, è quella di un impiegato postale che non conosce la metrica. » Gli chiesi anche cosa pensasse dello stile dello scrittore de Vicence. « È consigliabile giudicarlo nella traduzione francese », mi rispose d’Annunzio. « Il buon Hérelle ha saputo dargli quella purezza che gli mancava. » Del resto d’Annunzio aveva già, sull’opera del Fogazzaro, queste opinioni sin dalla sua giovinezza, l’anto che non mi sento di defraudare il lettore di un aneddoto non privo di comicità, che concerne sempre lo stesso autore. Ad un ricevimento ufficiale dato, credo a Palermo, in occasione del matrimonio di un’Altezza Reale, fra i numerosi invitati venne presentato alla nuova Altezza, Gabriele d’Annunzio. Per combinazione, Antonio Fogazzaro si trovava dietro a lui in attesa anch’egli d’essere presentato. L’Altezza, che non era ancora molto al corrente delle opere degli autori italiani, udendo il nome di d’Annunzio gli disse col suo più bel sorriso: « Ho letto e ho ammirato molto il suo “Mistero del Poeta”». D’Annunzio ringraziò con un inchino e prontamente rispose: « Vostra Altezza è troppo indulgente: si tratta di un mediocrissimo lavoro ». La storia non racconta come il Fogazzaro abbia preso la « boutade » del caro collega che gli stava davanti. Ben differenti furono i rapporti intellettuali fra d’Annunzio e il Pascoli, che egli dichiarò sin dal 1888 « un artefice di sonetti eccellentissimo ». Fra i primi giudizi sul Pascoli, ne troviamo uno di un tempo lontanissimo, cioè dell’epoca della vita romana di d’Annunzio: * Giovanni Pascoli è un assoluto signore dello strumento metrico. «È un poeta rurale. Il sentimento che egli ha della natura è profondo, tranquillo e casto. La sua versificazione i nobile e ingegnosa. Tuttavia egli mostra di non dare molta importanza nella composizione delle sue strofe all’elemento musicale delle parole che