D’ANNUNZIO « BUSINESS MAN )) 661 Mentre, con ragione, ho affermato in un altro capitolo che d’Annunzio è ostile per principio a tutto ciò che ha sapore di speculazione o colore d’affarismo, non altrettanto potrei dire per quelle categorie d’affari che, pur non riguardando direttamente né indirettamente la sua produzione letteraria, hanno origine e svolgimento in altri campi artistici, paralleli a quello in cui egli eccelle. Per esempio, egli fu qualche volta sollecitato ad esaminare ed eventualmente ad autenticare col suo alto giudizio opere d’arte antica, la cui attribuzione era incerta; né si rifiutò di farlo. Dirò di pili: accettò di trattare e di discutere a mezzo mio il compenso che gli sarebbe spettato, qualora, per effetto del suo intervento e del suo giudizio pubblicamente manifestato, l’opera avesse raggiunto gli alti prezzi che il proprietario si riprometteva. Cosi avvenne per un quadro attribuito a Tiziano e per un bozzetto in cera rappresentante un cavallo che, secondo l’opinione di chi lo presentò a d’Annunzio, avrebbe dovuto essere niente meno che l’introvabile e famoso cavallo di Leonardo di cui parlano tutte le storie dell’arte. Il proprietario di questo preteso capolavoro, cosi scriveva al Poeta in data 27 marzo 1914: « Illustrissimo Signor d’Annunzio, « Quantunque io sia sceso in altro albergo, ho ben ricevuto la di Lei lettera. È ben naturale che Ella prima di cominciare il suo studio trovi opportuno un nostro accordo, e seguendo le di Lei indicazioni, sono ben felice di ricevere il Suo Segretario Tom Antongini all’Hòtel de Bade. « Riconosco perfettamente, come prima di « partire » (sic) Ella debba fare il piano dei suoi lavori; quanto quello sul Cavallo sia difficile; quanto grave sia la Sua responsabilità a causa della mancanza di un documento valido; ma guidato dal massimo sentimento di onestà e schiavo del mio