AUT CAESAR AUT NIHIL 751 grammatici preesistenti nel suo spirito, talvolia consapevole, talvolta inconsapevole. Nell’impresa di Fiume, ultima sua azione di guerra (la più celebre se non la più eroica), furono i fatti che determinarono la scelta del momento; anzi la imposero. Ma l’idea era nata in lui sin dall’istante in cui egli giudicò che la vittoria italiana era stata mutilata. Solo un settario ed un incomprensivo come Francesco Saverio Nitti poteva qualificare coll’infelice epiteto di « sportivo » il gesto di Gabriele d’Annunzio. Non di meno i fatti, da soli, non sarebbero stati sufficienti a determinare il 12 settembre 1919 l’azione del Poeta combattente, se ad essi non si fosse aggiunto, all’ultimo istante, un nuovo elemento che, se da un lato è una riprova di quella irresolutezza dannunziana alla quale ho già più volte accennato in questo mio libro, è parimenti una dimostrazione lampante dell’altissimo senso di umanità del Poeta. Questo elemento, ai più ignoto, che, se non determinò l’impresa di Fiume, ne impose però l’esecuzione immediata, fu la comunicazione fatta a d’Annunzio la sera dell’11 settembre 1919, dal tenente Frassetto (uno dei sette ufficiali di Ronchi), che il primo nucleo degli ufficiali e dei soldati che avevano segretamente giurato al Comandante d’Annunzio di seguirlo nella marcia su Fiume avevano già disertato i loro reparti e che di conseguenza, ov’egli non si fosse messo immediatamente alla loro testa, sarebbero stati certamente ripresi, giudicati da una corte marziale e probabilmente fucilati. Questo fattore umano, assai più che il minacciato sbarco a Fiume di una milizia internazionale (fattore politico), determinò la partenza del Poeta per Ronchi la mattina del 12 settembre, malgrado il suo stato fisico (39 gradi di febbre) che in circostanze normali gli avrebbe assolutamente impedito anche una semplice passeggiata.