726 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO rità e la strafottenza erano una regola di vita, inalberava sfacciatamente la sua qualifica sulla porta : 1’ « Ufficio Falsi». Era diretto, con competenza e solerzia superiori ad ogni elogio, dal tenente Riccardo Frassetto, uno dei sette ufficiali giurati che avevano scortato a Ronchi il Liberatore, nella notte dell’ 11 settembre 1919. L’Ufficio, aveva per mansione la fabbricazione di passaporti e di documenti personali, falsi, che servivano ai messaggeri del Comandante, per recarsi ove era necessaria la loro presenza a mantenere quei contatti politici che egli riteneva utili o che comunque potevano giovare alla Causa. Per un ufficio cosi modernamente organizzato fu dunque un gioco da fanciulli il preparare per me un passaporto munito di tutti i bolli e di tutti i sacramenti necessari. Partii dunque pieno di fede e di speranza, salutato dal Comandante e dai Legionari e portando con me come talismani, oltre alla parola di d’Annunzio, una lettera del Comandante per S. M. il Re del Montenegro, esule in Francia, e... la gloriosa spada di Brussiloff. Questa storica lama damaschinata appartenente a quel celeberrimo generale cosacco che durante i primi anni della Grande Guerra aveva stupito con le sue gesta vittoriose l’Europa intera, invadendo la Galizia e mettendo ad un dato momento in serio pericolo l’impero austro-ungarico, era pervenuta nelle mie mani, non per miei meriti speciali ma per pura combinazione. Un altro valoroso generale russo di razza armena, il generale Tor-com, che la rinomanza e la gloria di d’Annunzio avevano attratto a Fiume, aveva dovuto partire improvvisamente per Parigi per motivi politici e, nella fretta, aveva dimenticato presso di me, che abitavo a Fiume nello stesso albergo, il glorioso cimelio che aveva ricevuto in dono qualche mese prima dal generale Brussiloff. E fu proprio quella sciabola cosacca che mi creò le prime difficoltà del viaggio alla stazione di Milano. Dovevo scendere in quella città prima di proseguire per