86 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO non fosse stato che il frutto di una pattuizione vergognosa, avrebbero gli italiani potuto e dovuto subirne il fascino ed accettarne le conseguenze? Evidentemente no, poiché la vantata voce della stirpe espressa per bocca del suo più illustre interprete, non sarebbe stata, in tal caso, che una meditata e pagata arringa di un avvocato-principe al servizio di un’altra Nazione. Tutto ciò si sforzò di accreditare la Leggenda durante l’infuocato maggio del 1915. Vi riuscì? Il popolo italiano nel suo complesso, è giusto affermarlo a suo onore, le prestò una fede relativa, non perché avesse allora le prove della infondatezza di una cosi infame calunnia ma perché, con quel divino intuito che posseggono le masse, senti che ciò che si diceva non poteva rispondere alla realtà. Non cosi invece una parte non trascurabile di ambienti intellettuali e del medio ceto che, per ragioni diverse, aveva sempre cordialmente detestato Gabriele d’Annunzio. La calunniosa versione del gesto italianissimo del Poeta, gesto che egli doveva poi confermare con l’intero e magnifico dono della sua persona e del suo genio in pro della guerra da lui bandita, per tutta la durata di essa, ed oltre, rimase e serpeggiò per ben cinque anni come una di quelle viscide serpi alle quali non si riesce mai a schiacciare definitivamente la testa. Quella leggenda doveva ricevere, a guerra finita, una solenne indiscutibile smentita dalla rivelazione ufficiale e pubblica degli atti politici che avevano determinato e sancito le condizioni per l’entrata in guerra dell’Italia a fianco degli Alleati; smentita basata sulle date alle quali tali patti erano stati firmati dalle parti contraenti. Il 23 aprile 1915 i rappresentanti militari del nostro Governo, e il 25 dello stesso mese quelli navali, avevano fissato a Parigi le modalità secondo le quali l’Italia si era impegnata a scendere in campo non oltre il 24 maggio 1915-Impegno controfirmato, naturalmente, dalla Maestà del Re d’Italia.