628 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO mente immaginare, anche se non è al corrente degli usi del mondo teatrale, il tono delle lettere che d’Annunzio ricevette e quello delle scenate che dovette privatamente subire da parte delle escluse, specialmente di quelle che, nella speranza, avevano... versato qualche acconto sentimentale. Fu in quel periodo che, posso dirlo con coscienza, le mie qualità di « apaiseur », favorite, debbo riconoscerlo, dalle tre uscite dell’Hòtel d’Iéna, ove abitavamo, e che servirono più volte a fare evadere il Poeta colpevole di fellonia, ebbero campo di rifulgere maggiormente; poiché fu naturalmente sulle mie spalle innocenti che il grosso delle recriminazioni e degli sfoghi delle attrici si riversò per quindici giorni, vale a dire sino al fiasco del dramma, il quale, per una equa distribuzione della giustizia divina, fece tornare il sorriso sulle labbra delle attrici diseredate e causò delle crisi di fegato a quelle prescelte. Preciso e meticoloso in tutte le sue preparazioni, tanto se si tratta della pubblicazione di un libro, quanto di un progetto di viaggio, dell’arredamento di una stanza o di un « raid » aereo, d’Annunzio lo è anche durante la messinscena d’una sua opera. Nessun particolare gli sfugge; esige e pratica il controllo di tutto, dalla posizione sulla scena di un attore, al colore di un tappeto; dalla intonazione d’una frase anche secondaria, al genere di « bibelot » che deve, secondo lui, figurare su un determinato tavolo. Se l’impresario non è in grado o non si sente di fornirgli tutto quanto egli desidera, d’Annunzio non esita. Compera, col denaro suo, quel che gli occorre e presta l’oggetto al teatro. Solo una volta lo vidi impuntarsi per il vestito di una interprete, quando fu dato il « Chèvrefeuille ». L’episodio minacciò di avere il suo epilogo in tribunale. Nel dramma vi è un personaggio femminile che l’autore chiama «l’Hi-