D’ANNUNZIO « BUSINESS MAN » 663 Presso a poco alla stessa epoca, gli venne portato a Parigi e presentato da un avvocato di Milano, mio amico, un quadro attribuito a Tiziano. Si trattava di un bambino nudo, riposante su un cuscino di broccato cremisi. Il proprietario della tela possedeva una specie di « pedigree » quasi completo di quell’opera, della cui esistenza alcune monografie su Tiziano fanno cenno pur non indicando ove possa trovarsi. A differenza del presunto «cavallo di Leonardo», l’opera attribuita a Tiziano colpi profondamente d’Annunzio che la volle presso di sé e la studiò per almeno un mese. Egli fini per ritenerla, quasi con certezza, autentica. Ma purtroppo fu costretto da un po’ d’influenza a stare a letto per parecchi giorni e non potè dar corso alla progettata rivelazione. Il preteso Tiziano, dopo esser rimasto in una cassetta del Crédit Lyonnais fino al 1921, fu poi riportato a Milano dal proprietario. In tempi molto più recenti, d’Annunzio mentre si trovava a Roma fu, ma questa volta per ragioni puramente di curiosità artistica, invitato a visitare nella casa di un privato una « Leda » attribuita anch’essa a Leonardo e a manifestare in merito la propria opinione. Chi lo accompagnò a vedere il capolavoro mentre era dal canto suo entusiasta e convinto dell’autenticità di esso, fu il Maresciallo Caviglia. D’Annunzio, a quanto mi consta, non ne condivise però l’opinione. Il che serve a dimostrare ancora una volta come il desiderio umanissimo del lucro non abbia mai spinto d’Annunzio a soluzioni che la sua coscienza condannerebbe senza appello; e a provare quindi nuovamente quella rettitudine fondamentale sua che ho sempre sostenuto e proclamato e che tante volte ha subito da parte dell’opinione pubblica attacchi tanto violenti quanto ingiustificati.