d’annunzio e i suoi collaboratori 489 di vita del compositore, la sua organizzazione familiare, l’uomo insomma, che d’Annunzio sino a quell’epoca aveva ignorato. Ancora recentemente il Poeta ne parlava e ne discuteva come di un argomento succulentissimo. Il Mascagni eternamente giovane e inguaribilmente sentimentale che s’investe tanto di quel che afferma da commuoversi talvolta fino alle lacrime; il Mascagni che vive circondato da un “coro” di familiari e d’amici, “coro”, inutile dirlo, intonato sempre ai suoi gusti e ai suoi pareri; il Mascagni divertentemente superstizioso che consulta, metà per ridere e metà sul serio, maghi e indovine; il Mascagni argutissimo, vivido, pronto ai motti di spirito e alle associazioni mentali più imprevedute: ecco il Mascagni, che, oltre al grande musicista interessava prodigiosamente d’Annunzio, inguaribile analizzatore d’anime. Tutti i compositori italiani sognarono di cimentarsi in collaborazioni con d’Annunzio, e tutti, più o meno, prima o poi dovettero ripiegare i loro entusiasmi. Siccome i compositori passano in genere la loro vita a lamentarsi della mancanza e della meschinità dei « libretti » che loro vengono sottoposti, ed attribuiscono sempre alla loro cattiva scelta l’eventuale insuccesso delle loro opere, è più che naturale che anelino di lavorare su « soggetti » della forza e della drammaticità di quelli dannun-z iani. Ma, purtroppo per loro, cadono dalla padella nella brace, poiché le possenti creazioni del Poeta, già per se stesse cosi dense di musicalità, turbano la loro ispirazione e tarpano loro le ali. Più o meno, ciò avvenne sempre quando non si trattò di semplici commenti musicali. Anche Giacomo Puccini desiderò a più riprese di collaborare con d’Annunzio, ed una volta, anzi, il suo desiderio parve prossimo a trasformarsi in realtà; poiché Puccini,