58 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO in due grandi periodi: quello prima e quello dopo di lui. Come spiegare allora le frequenti frasi umilissime che egli suol pronunciare nell’intimità, come queste: « Credo di aver scrìtto in questi giorni delle pagine abbastanza belle... Che te ne pare di questi miei versi? ». Frasi tanto più notevoli in quanto investono la sua opera intellettuale, sul valore della quale non dovrebbe aver più dubbi, né sollecitare giudizi. Come spiegare che quando, nel 1922, l’Accademia Reale Belga lo elegge socio e gli manda espressamente, per comunicargli la notizia, il presidente Villemotte, egli si comporti in modo cosi garbatamente indifferente che quel personaggio ne rimane interdetto e non sa più cosa fare? Come spiegare che, messo al contatto col resto dell’umanità, non pretenda mai precedenze, né tanto meno onori o privilegi speciali? Che scriva, per esempio, durante la guerra, al presidente del Consiglio Salandra: « Come è possibile, a proposito di me, parlare seriamente di vita preziosa”, del “dovere di non espormi” e di simili luoghi comuni? « Basta dare ordine severissimo che sia soppresso qualunque accenno che mi riguardi, di qualunque natura, per tutta la durata della guerra. » Come spiegare che prediliga tutti gli umili, e non solo li tratti ma pretenda essere trattato alla pari da loro, e senza alcuna cerimonia, tanto che tutti gli umili che lo avvicinano lo adorano e sarebbero prontissimi a buttarsi nel fuoco per lui (1)? Anche in fatto di ambizione o di vanità, ritroviamo in lui l’eterna contraddizione. Giacché, se taluni onori non si può dire che li solleciti (il verbo sarebbe inesatto e antipatico) pure, bisogna che io lo ammetta come biografo imparziale, egli sa « far capire » che non gli sarebbero sgraditi. Prendiamo, per esempio, il caso delle decorazioni. (1) 1 Un uomo della mia tempera, si nutre di tutto fuorché d'incenso », scrive nel « Libro Segreto *.