776 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO questa parola non appartiene in questo caso alla retorica ma riguai da un fatto storico che può essere attestato da dodicimila persone) il Comandante arrivò al crepuscolo, in automobile, a San Giuliano, piccolo porto della laguna veneta, in faccia a Venezia, ove l’attendevano con un motoscafo l’ex comandante di un cacciatorpediniere fiumano (i), il tenente Manzutto, e chi scrive queste memorie. Nessuno, oltre a noi due, era sul molo deserto; la laguna, il piccolo porto, la casa della capitaneria, la strada d’accesso, erano velati da quella bruma caliginosa che avvolge spesso Venezia durante i mesi d’inverno. Imbacuccato nella sua pelliccia grigia, fasciata la testa da un berrettone automobilistico pure di pelo, al suo primo apparire, d’Annunzio mi fece l’effetto d’un uomo invecchiato e stanco, dall’espressione quasi trasognata. Abbracciò noi che l’attendevamo, poi, senza pronunciare una parola, prese posto sull’imbarcazione che un quarto d’ora dopo si arrestava sul Canal Grande, davanti alla gradinata del palazzo Barbarigo, detto comunemente Barbarigo delle Terrazze, ove d’Annunzio aveva, poco tempo prima della conquista di Fiume, affittato un vasto appartamento al primo piano ed aveva accumulato il mobilio, i libri, i ninnoli, tutti i resti gloriosi o inconcludenti del naufragio d’Ar-cachon e precisamente dello « Chalet Saint-Dominique », da lui abbandonato per non tornarvi mai più, nel giugno 1913, e rimasto quindi disabitato per più di sette anni. Quell’appartamento che, assai più che come una vera e propria dimora, appariva in quel momento ai suoi occhi come un deposito di mobili e di casse, ebbe il vantaggio di fargli assai meno sentire lo stridente contrasto tra la sua precedente vita di sovrano e quella di semplice artista che egli stava per riprendere. La visione di quell’affastellamento era nondimeno de- fi) Il nome di quel cacciatorpediniere era allora « Agostino Bertani ».