COME D’ANNUNZIO CREA UN CAPOLAVORO 359 Alla fine di questo periodo di lavoro cerebrale, la nuova opera può dirsi virtualmente compiuta. L’autore ne conosce perfettamente non solo lo svolgimento generale, ma persino i particolari ed il più insignificante personaggio. È a tal punto « scritta» che, se egli vuole, la può raccontare dall’a alla zeta, quasi con le stesse parole che gli serviranno in seguito a scriverla materialmente. Eppure (cosa incredibile!) non è ancora detta l’ultima parola. Ho visto d’Annunzio giungere sino a questo punto e (come si vedrà più innanzi) rinunziare, per impreviste circostanze o per un improvviso ed inspiegabile disinteresse verso l’opera già creata dalla sua mente, a stenderla sulla carta. Cosi avvenne nel 1906 per la « Madre Folle »; e per un volume composto di tre novelle, dal titolo « Tre assassini », delle quali la prima doveva essere, secondo il programma dell’autore, un rifacimento del « Giovanni Episcopo »; la seconda « L’Innocente » e la terza una lunga novella inedita; e, sempre nel 1906, per altre due opere: l’una, una commedia: « I Pretendenti », l’altra, una biografia da aggiungere a quella già pubblicata di « Cola di Rienzo »: la « Vita di Filippo Strozzi ». In quell’epoca infatti egli mi scrisse, a proposito di questi progetti, una lettera il cui interesse documentario è tale che mi dispenso dal commentarlo. Eccola: « Non sono abituato a lavorare in fretta. '’''Festina lente”, è sempre stato il mio comandamento; inoltre non ho mai amato un soggetto come questo della “Madre folle”; e non voglio profanarlo. Ho bisogno di pace, di giornate continue e piene di tensione ininterrotta. « Lavoro dunque, e questo ti è confidato sotto il suggello del più buio segreto, lavoro a un dramma e a ma comedia. Il dramma in tre atti, in prosa, s'intitola: “Più che VAmore”. La comedia, in quattro atti, in prosa, di costumi provinciali, s'intitola: “/ pretendenti”. « Finirò il dramma prima di venire a Milano; finirò la comedia