22 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO cogli amici che avevo invitati ad una breve crociera, mi feci trovare come un vero inglese, nell’“hall” dell'Hotel Vesuvio, con la pipa in bocca: avevo comperata una pipetta magnifica e un tabacco biondissimo. Mi trovarono verde come un cadavere: dovetti mettermi a letto, completamente ebro e barcollante e rinunciare per quel giorno alla crociera. « La terza ed ultima volta, qui al Vittoriale, ripetei l’esperienza con una pipa tedesca che m’avevano offerta. Ahimè, anche di questa esperienza e delle sue conseguenze è meglio tacere. » Oltre a una febbre malarica che lo colpi nel 1890, a Faenza, le due malattie più gravi che l’abbiano afflitto sin dall’infanzia sono il mal di denti ed il raffreddore. Quando è colpito da questa ultima, per lui tremenda malattia, che affliggeva anche Voltaire, d’Annunzio si considera infelice almeno quanto il Lebbroso della Bibbia. E, come il Lebbroso, si rinchiude in una volontaria e rigorosissima clausura, armato di santa pazienza e di una cinquantina di fazzoletti. Questo raffreddore dannunziano, leggermente complicato dal mal di gola, che da lui vien battezzato pomposamente col nome di angina (1), gli ha servito frequentemente per decenni, anche quando non si sognava neppure d’averlo, ad evitare o rimandare visite importune, viaggi, celebrazioni, orazioni, inviti, inaugurazioni, convegni, insomma tutti gli obblighi mondani, politici, patriottici, religiosi ed amorosi che affliggono l’umanità. Mi scrive per esempio dal Palazzo del Comando di Fiume, perché io lo scusi presso l’amico suo Achille Richard, che attendeva da lui delle lettere d’introduzione per Parigi: « Con tutte le cose che ho da fare e con un raffreddore che co- (1) Scrive a me, a Parigi, non appena è arrivato ad Arcachon: « Sono malato con l’angina e la congiuntivite! Il luogo qui è ammirabile, la pace alta ».