DA CASA DI CAMPAGNA IN VITTORIALE 783 artista e di un creatore, il « Vittoriale » di cui parleremo più innanzi non si limitò a questo, ma divenne col tempo anche, e principalmente, il tempio di un eroe. L’antico patinato vaso di Persia vi è sfiorato dal pugnale di un ardito fiumano morto combattendo; il piccolo Budda panciuto guarda l’elica del velivolo di De Pinedo che trasvolò l’Atlantico; una rozza granata inesplosa trovata in una « dolina » del Carso occhieggia fra delicate anfore colme di profumi rari e, se passiamo al giardino, la gloriosa prora della nave « Puglia » sovrasta cipressi e roseti con la sua mole fatidica. Ma l’atmosfera, specialmente nell’interno della villa, è esattamente eguale e i cuscini che il Poeta argutamente chiama nel « Libro Segreto »: i suoi « cuscini d’aremme », e che da 300 sono divenuti 500, senza perdere nulla della loro elasticità né della loro varietà e ricchezza, come tutti gli altri oggetti, silenziosi e costanti complici del loro padrone, potrebbero certamente, se forniti del dono della parola, raccontare le stesse cose e gli stessi aneddoti, graziosi per lo scettico, satanici per il buon borghese, dei loro predecessori toscani della « Capponcina ». Non appena d’Annunzio ebbe messo il piede nella villa di Cargnacco, ebbe visitato due o tre stanze ed aperta una finestra che guardava sul giardino, la sua decisione fu presa. Troppi elementi, probabilmente quegli stessi che per altre persone avrebbero rappresentato dei difetti gravi, concorrevano a rendergliela invece simpaticissima. Quando d’Annunzio vedeva una casa, sin dai primi istanti, quasi inconsciamente, abbozzava nella sua mente le possibili modificazioni; la sua immaginazione abbatteva porte, allargava finestre, elevava muri, costruiva nuove stanze; egli vedeva, fosse pure sommariamente, l’aspetto che col tempo avrebbe potuto assumere la nuova abitazione.