GLI AMOROSI INCENDI DEL POETA 435 Si dovrebbe anche aggiungere che ella era capace di qualunque pazzia, ma è forse superfluo, dato che alla sua qualità originaria di slava s’era sovrapposta quella d’essere divenuta l’amica di un Gabriele d’Annunzio. Un tale connubio non poteva lasciare intatte le sue facoltà mentali, come infatti non le lasciò. « Una mia amica matta della piti nera mattezza slava », la qualificò venticinque anni più tardi il Poeta, nel suo « Libro Segreto ». I due si conobbero in Italia, quando già agonizzava il romanzo vissuto di d’Annunzio e di « Isabella Inghirami », e i loro primi approcci si svolsero nella stessa regione che aveva visto ed ospitato il furibondo precedente amore del Poeta. D’Annunzio era allora in uno di quei periodi di esitazione e di incertezza che gli erano soliti e la cui soluzione dipendeva sempre per lui da circostanze fortuite e mai dal ragionamento o dalla riflessione. L’Italia intera gli era divenuta ostile. Tutti, perfino i suoi amici e difensori, erano ormai stanchi di quell’eterno figliuol prodigo che si credeva tutto lecito, che accumulava debiti e che passava ufficialmente, col sorriso sulle labbra, da una donna all’altra colla massima disinvoltura, come una specie di Don Giovanni nazionale. II nuovo editore (che era successo al sottoscritto ridotto a malpartito dal lungo periodo di mancata produzione letteraria del Poeta) non allargava i cordoni della borsa che in modo normale: ed essendo avarotto (si trattava ancora di Emilio Treves) il normale era inteso in senso alquanto ristretto. Come se ciò non bastasse, d’Annunzio, in Italia, non possedeva più una casa sua. Aveva abbandonata la « Cap-poncina » alla sua sorte, lasciando la chiave sotto l’uscio, né poteva considerare come definitivo il soggiorno alla