DA CASA DI CAMPAGNA IN VITTORIALE 797 Questo che v’ho descritto sommariamente è l’appartamento privato di Gabriele d’Annunzio, Principe di Montenevoso. Il secondo piano della casa (di accesso assai più difficile, giacché d’Annunzio non ammetteva che venisse visitato se non da persone amiche o di speciale riguardo), è composto: a) d’una minuscola stanza detta « Stanza del Monco », le cui pareti sono interamente decorate con l’immagine più volte ripetuta di una mano aperta e mozza la cui significazione simbolica diventava facile quando si veniva a sapere per bocca dello stesso d’Annunzio che essa era destinata all’archivio della corrispondenza, inevasa per nove decimi. Lo spoglio delle migliaia di lettere che vi sono accatastate non rappresenterebbe, per me, un motivo di sorpresa o di diletto, perché, come ho già scritto, durante moltissimi anni mi sono logorate le dita a distruggere migliaia di lettere di ignoti e noti ammiratori e scocciatori delle cinque parti del mondo, ma non sarà priva totalmente di interesse per gli studiosi, non tanto della psiche di d’Annunzio quanto di quella dell’umanità. b) Accanto alla « Stanza del Monco » si apre, preceduta da quattro o cinque gradini, la Stanza di lavoro o Officina, come d’Annunzio la chiamava, ove il Poeta scriveva. Essa è la sola stanza sacra ed inviolabile ove a nessuno, neppure alla donna più bella, più amata, più idolatrata (ammesso che ne esistesse una) era concesso di rimanere più di cinque minuti se d’Annunzio era in periodo di lavoro (i). In questa roccaforte spirituale, egli stesso, benché pic- (i) Sotto questa stanza, anche a causa del peso dei libri, d’Annunzio dovette far mettere dall’architetto delle « poutrelles » in ferro. t Il Vit-toriale » mi disse raccontandomi il fatto « balla e si sfascia e io non voglio andare a finire, mentre scrivo, nella Stanza della Musica ».