352 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO « bisogna vincere non soltanto la pigrizia della mente che per qualche tempo ha lasciata la consuetudine dì vestire con parole elette i pensieri e s’è sottratta con una specie di ribellione a tutti i tormentosi gioghi deWarte, ma pur anche bisogna vincere quasi una ripugnanza fisica allo stridulo esercizio della penna ». In d’Annunzio questo stato d’incubazione può durare a lungo. Si direbbe che egli brancoli nel buio, che egli cerchi e non trovi un « ubi consistam » per il suo spirito e per la sua immaginazione, che attendono, come egli scrive nel « Libro Segreto », « una di quelle rinnovazioni che si van determinando ne' mesi di scioperataggini e di svario ». Qualche volta un vago senso di tristezza, dovuta a depressione fisica o a preoccupazioni, lo turba e gli impedisce di mettersi al lavoro. Nel 1921 mi scrisse da Gardone: « Io sto poco bene e ho molta malinconia. Le noie non finiscono mai. E vorrei poter raccogliere quel che mi nasce dentro ». Qualche altra volta un caso fortuito, imprevisto, lo strappa all’incertezza e incanala la sua mente in una determinata direzione. Cosi dobbiamo alla morte del suo amico Adolfo Bermond la creazione della « Contemplazione della Morte »; cosi, alle lunghe confessioni di un altro amico « La Leda senza cigno »; cosi, alla tragica vicenda d’un individuo scoperto dai suoi amici Angelo Conti e Marius de Maria in una taverna sinistra, il « Giovanni Episcopo »; cosi ad un libro sfogliato dal libraio Flory («Histoire de l’Ile de Chypre sous les Lusignans»), la « Pisanella»; cosi, a due perfette gambe di donna, come vedremo più innanzi, il « Martirio di San Sebastiano ». Altre volte invece, durante questo periodo di lenta e incosciente incubazione, al suo spirito, fra cento altri fantasmi, se ne affaccia uno preponderante, che di giorno in giorno prende contorni meno incerti e si traduce in un quadro generale e preciso della nuova opera che egli è destinato a compiere. Egli lo sa. Scrive infatti a Michetti, dopo aver compiuta