COME D’ANNUNZIO CREA UN CAPOLAVORO 369 opera indipendente di almeno 500 pagine di manoscritto, che ora l’autore non sa più neppur lui se pubblicare isolata o in unione alla « Pisanella » che l’ha inspirata. D’Annunzio è del resto il primo ad ammettere questo suo difetto... della fecondità eccessiva. Una volta nel 1906, dalla Capponcina, quand’ero suo editore, a proposito d’una novella che m’aveva promesso per la mia Rivista, cosi mi scrisse: << Credo che il racconto assumerà vaste proporzioni. Il soggetto è molto bello e patetico: forse mi lascerò vincere dalla tentazione di svilupparlo intero ». E, in altri tempi, quando doveva consegnare all’editore parigino Pierre Laffitte, direttore di « Excelsior », un romanzo che poi non portò a termine, dal titolo « L’homme qui a volé la Joconde », si rammaricava che Laffitte dubitasse della mole dell’opera e temesse in un troppo esile manoscritto. Mi telegrafò: « Je ne mérite pas cette discussion. J'ai l’habitude, corne tu sais, de donner toujours plus que je ne doive. Je pense que Homme” aura la longueur de mes romans ordinaires ». Il seguito di questo telegramma è ancora più interessante, poiché mostra come, innanzi anche ai bisogni finanziari più impellenti, egli ponga sempre l’amore alla Patria. Il telegramma lunghissimo, che è dell’epoca della guerra italo-turca del 1911, durante la quale egli scrisse le famose canzoni patriottiche che son raccolte sotto il titolo « Canzoni della Gesta d’Oltremare », continua infatti cosi: « Mais malheureusement les jours passent et je ne pourrai pas me remettre au travail avant d’avoir terminé mon poème. Laffitte voudra bien comprendre l’état d’âme d’un italien en ce moment. A ce propos l’attitude d’“Excelsior” est injuste. Toutes le nouvelles sont faussées. Notre situation est excellente. Hier un aviateur a jeté quatre bombes avec un résultat magnifique. Si “Excelsior” devient italophobe je ne pourrai pas y publier mes romans. Je suis navré, mais dans 24-