596 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO raccolta nell'ascoltarmi. Non mai mi trattò alla leggera; né mai mi derise, pur davanti alle mie singolarità, ai miei eccessi o alle mie affettazioni. Era rispettoso e fidente, in una attesa die non poteva essere delusa. E io, pur da lui tanto diverso di cultura e di ingegno, sentivo che una parte profonda di me comunicava con l’oscurità chiusa nel suo corpo terribile e n’era nudrita! » Passano gli anni. Egli è ormai un giovine poeta già celebre che vive libero nella liberissima Roma. Che vita conduce? Frequenta case da giuoco? Va per i « café-chantants » di cui Roma, in quell’epoca, è piena? Beve? Fuma? Nemmeno per sogno! Il più gran delitto morale di cui lo si possa incolpare è quello di far la corte alle dame più in vista della Capitale, alle quali consacra sui giornali degli articoli appassionatamente laudativi che gli permettono spesso di prendere due piccioni ad una fava; vale a dire, il modesto prezzo dell’articolo, alla direzione del quotidiano, ed il raffinato compenso delle lodi tributate, nell’ombra della sua piccola « garçonnière ». Ma quando egli finalmente s’innamora (e questa volta per davvero) di chi s’innamora? Di una signorina per bene, anzi per benissimo, le cui « turchine vive » (il Poeta parla dei suoi occhi) « piene di pagliuzze d’oro che splendono sotto le ciglia lunghe » gli hanno fatto perdere la testa « effondendo incantesimi contro i quali nessun talismano ha virtù ». Naturalmente i parenti accolgono con una smorfia la domanda di matrimonio e non concedono il desiderato consenso, come fanno, del resto, il novantanove per cento dei genitori quando il pretendente alla mano della figlia è un artista. « Bel partito! » pensano certamente il duca e la duchessa di Gallese, quando l’imberbe giovinetto incomincia a frequentare troppo assiduamente la loro casa e a far la corte alla unica e adorata loro figlia.