8o8 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO suasiva, la sua sonorità calda. È sempre ed ancora la voce del conquistatore di donne, di uomini e di città. Ma, mentre un tempo egli, pur amando parlare, sapeva anche ascoltare, oggi non sembra più dilettarsi che d’ascoltare se stesso. È capace di parlare due, tre ore di seguito, permettendosi solo delle piccole pause durante le quali si direbbe che, più che ammetterlo, tolleri per un istante che il suo interlocutore prenda la parola. Fa sovente delle domande e non attende più la risposta. La sua volubilità, già grande negli anni passati, si è fatta ancor più palese. Egli passa da un argomento all’altro, muta d’idee nel corso della conversazione, si duole aspramente d’un fatto avvenuto o del comportamento di una persona a suo riguardo e, cinque minuti dopo, trova naturale il fatto stesso e assolve la stessa persona con un sorriso ed una parola indulgenti. Formula progetti fantastici per eseguire i quali non basterebbe tutta la vita d’un uomo e, due minuti dopo, colla più grande convinzione e serietà annuncia che la sua morte è ormai cosa certa per il mese seguente. In realtà, in due soli rami della vita egli si considera ancora attore: nella sua arte e nell’amore. Giacché non bisogna dimenticare che quest’uomo formidabile, passati i settantanni, emulo anche in questo di Victor Hugo e di Goethe, non ha rinunziato ad amare, ed evoca ancora, nel suo ultimo libro, « il bisogno disperato del bacio senza termine, della bocca in tutta la bocca, del bévere vita e morte ». Io non so né voglio irriverentemente indagare fino dove giungano le manifestazioni di questo suo culto per l’amore (i), ma quel che è indubbio è che l’argomento « donna » rimane ancora per lui il preferito e che non solo ne può (i) I più umili caffè e ritrovi della riviera del Garda sono pieni di pretese storie amorose di Gabriele d’Annunzio, per la maggior parte recenti. Come ai piedi delle colonne dei martiri stiliti pullulavano le bettole e i lupanari, cosi all’ombra del Vittoriale prospera e fruttifica l’albero della maldicenza. La maggior parte di queste storie e storielle sono assai poco edificanti;