248 VTTA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO Meno conosciuti, ma non meno celebri dei cani, i cavalli di d’Annunzio; « ifigli del vento », come egli li chiama, ebbero una parte importantissima nella vita del Poeta, che ne fu sempre un appassionato amatore. Bisogna rimontare ben lontano nella sua vita, molti anni prima che egli prestasse servizio come volontario di cavalleria, se si vuol trovare il nome del suo primo cavallo prediletto. Si chiamava « Aquilino » ed era un piccolo baio della Sardegna, balzano di uno, « che aveva lunghe e fornite la criniera e la coda ». Ben poco sappiamo di questo cavallino, tranne che il Poeta, allora giovinetto, gli teneva compagnia in una ca-merona adattata a stalla della casa di Pescara. Ne accenna anche nel « Libro Segreto »: «Il mio piccolo cavallo sardo, nomato Aquilino ». Interrogato da me sulle caratteristiche di questo compagno della sua fanciullezza, d’Annunzio mi rispose: « Era un cavallo feroce! ». E fu tutto. Come ed in quale occasione, « Aquilino » avesse potuto dare prova della sua ferocia, non sono mai stato capace di farmelo dire. Predilesse poi, quando era collegiale un altro cavallo che si chiamava « Murgione » ma che egli battezzò poetica-mente col nome di « Silvano » e che, non so con quanta esattezza, egli chiama, il suo « bell'arabo bianco ». Gli dedicò anche alcuni versi del « Primo Vere »: « T'amo 0 Silvano! M’è dolce l’acuto nitrito, Il crin che ondeggia sull'arcinato collo. Tu sei il fido compagno dei gaudii e degli estri bizzarri, De' miei giorni dolenti tu sei l'amico; E sul tuo niveo dorso pe' campi e pe' colli fuggendo M'esula l'anima, forte mi batte il core. »