54 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO deva l’opportunità e la libertà. « Non si giunge al sapere » ha scritto un giorno « se non a patto di immergersi nella realtà della vita. » Chiamiamolo dunque scettico come Aristippo, cinico come Diogene, chiamamolo epicureo, chiamiamolo edonista; gli appellativi non mancano; ma accusarlo di vera immoralità mi sembra eccessivo. E passiamo alla seconda e più comune accusa: quella dell ’auto-réclami smo. Molti, specialmente fra gli artisti mancati o incompresi, hanno sempre dichiarato che la metà o i tre quarti della sua fama mondiale hanno per origine la sua auto-réclame. Secondo loro, il Poeta sarebbe una specie di insuperabile Dulcamara, lanciatore del proprio prodotto. E questo prodotto dovrebbe essere, nella fattispecie, l’opera letteraria di Gabriele d’Annunzio, vale a dire cinquanta e più volumi di alta poesia e di prosa magistrale, destinati, per almeno due terzi, all’immortalità! Affrettiamoci a sorridere per non dover piangere davanti a tanta meschinità, e vediamo in che cosa consista, secondo gli irriducibili avversari di d’Annunzio, questa tanto decantata e deprecata sua auto-réclame. Forse nell’aver saputo fare molti debiti? Nell’aver posseduto molti cani, molti cavalli e molte belle donne? Nel-l’essersi volontariamente espatriato per molti anni? Non credo. Credo piuttosto che per questi signori consista nell’aver sempre fatto parlare di sé, bene o male, tutta la stampa del mondo intero. Ma se la cosa è cosi semplice, perché non hanno fatto altrettanto anche loro ? Certamente, lo riconosco, è triste e sconsolante per un autore non riuscire ad interessare nessuno al mondo, dover implorare da qualche antico compagno di scuola l’arti-coletto laudativo, sudar sette camicie per poter pubblicare un sonetto o una novella su un giornale di provincia. Ma non vedo davvero quale colpa abbia d’Annunzio se tutte