668 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO Ma per trovare in d’Annunzio il giornalista che dalla propria penna sappia trarre qualcosa di più concreto e più pratico di qualche biglietto da cinquanta e delle carezze femminili, bisogna saltare, dal 1888 (anno in cui cessarono le sue collaborazioni ai giornali di Roma) nientemeno che al 1911. Fu verso la fine di quell’anno, che venne combinata fra d’Annunzio e Luigi Albertini, direttore del « Corriere della Sera », una vera e propria collaborazione regolare del Poeta sulle colonne del grande quotidiano. La collaborazione comincia in un modo impreveduto; cioè con delle « Canzoni » di guerra : quelle che d’Annunzio riunirà poco dopo in volume sotto il titolo: « Canzoni della gesta d’Oltremare ». Esse sono le prime scintille di quel grande incendio patriottico che dovrà più tardi divampargli nel cuore, all’inizio della conflagrazione europea, e continuare (attraverso la sua guerra guerreggiata e la sua gesta di Fiume) fino al suo ritiro nell’eremo di Cargnacco. Le Canzoni erano compensate dal « Corriere della Sera » in ragione di duemila lire l’una. Non era una somma favolosa, neppure in quell’epoca, ma era sempre una smentita al vecchio adagio: « Carmina non dant panem ». Luigi Albertini era un ottimo amministratore, e gli amministratori, si sa, sono, per tradizione, dei padri di famiglia, nel senso più severo dell’espressione. Con lui, d’Annunzio ebbe poco da scherzare; ottenere anticipi era assolutamente impossibile, e per tutta la durata della collaborazione al « Corriere » funzionò il più rigoroso « do ut des » che mai fosse stato applicato al Poeta (1). (1) D’Annunzio mi telegrafò infatti un giorno da Arcachon, nel maggio 1913: « Conoscendo meticolosità Albertini stimo prudente terminare oggi la “ Leda ”, altrimenti correremmo rischio attendere danaro chi sa quanto ».