474 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO probabilmente per compiacenza, accettò la mia proposta. Mi accinsi con lena al lavoro, mentre mi trovavo ad Ar-cachon con d’Annunzio. E, condottolo a termine, lo sottoposi al Poeta ed amico, che non solo mi lodò la traduzione (il che non mi stupì affatto, data la sua abituale cortesia) ma per capriccio si diverti a correggerla e a modificarla, introducendovi (con grande mia gioia ed orgoglio) molti versi suoi. Ebbene: il signor Re Riccardi, ricevuta la mia traduzione e naturalmente non supponendo neppure per un istante che il grande Poeta vi avesse posto mano, non solo non me la pagò (distrazione comune a molti editori) ma ogni volta che in seguito la commedia apparve in Italia sulla scena, fu sempre data in un’altra traduzione di non so chi, certo giudicata più degna di quella mia... e di Gabriele d’Annunzio. Le ragioni di questa impossibilità del Poeta a « collaborare » sono molteplici. Prima di tutte è questa: che la sua personalità artistica schiacciante per gli altri esclude a priori la possibilità di una vera collaborazione. Che io mi sappia, né Goethe, né Victor Hugo, hanno mai collaborato con nessuno. In secondo luogo, le qualità di scrittore d’eccezione che distinguono d’Annunzio si sarebbero adattate assai male all’intrusione obbligatoria di elementi eterogenei; in terzo luogo, c’era poi l’impossibilità determinata dalla lingua nella quale egli scrisse sempre, in parte da lui risuscitata, in parte creata di sana pianta. Una volta sola infatti fu abbozzata una vera e propria collaborazione fra lui ed un altro grande scrittore. Il progetto, dopo numerosi, amichevoli « pourparlers », non ebbe seguito; esso merita tuttavia di essere ricordato, data la speciale personalità di colui che avrebbe dovuto collaborare con d’Annunzio, cioè quella di Edmond Rostand. Durante la primavera del 1912, mentre d’Annunzio si trovava a Parigi, Rostand, che aveva spesso occasione d’in-contrarlo in case di amici comuni, e che era legato a lui