146 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO biale, o con un sorriso, o con una promessa o con un ordine o con un sonetto, può procurarsi sempre tutto quel che vuole? Vivere in povertà è una cosa; vivere nel lusso e nel « confort », sia pure colla preoccupazione del come questo lusso e questo “confort” verranno poi pagati, è un’altra. Ora, se questa preoccupazione è stata costante in d’An-nunzio, nulla di quel che gli abbisognava gli è però mai mancato. Ha forse d’Annunzio conosciuto, nella sua lunga vita, due ore di mancanza di stufa, una notte fra lenzuola umide o che non fossero di bucato, una colazione od un pranzo senza posate d’argento, un vestito rattoppato, un viaggio in seconda classe, o un soggiorno in un albergo mediocre? Mai! (se non durante la guerra). Affermare che d’Annunzio abbia sofferto privazioni, paragonare la sua vita a quella di un Camoens, di un Cervantes o di un Balzac, è mancare di riguardo verso quei tre illustri e autentici sventurati. Un gran signore, che, rivestito di un elegante pigiama, in una bella sala dalle pareti ricoperte di damaschi, piena di statue, di ninnoli e di bei libri, rallegrata da un ampio camino in cui scoppietta un fuoco vivificatore, riceve un creditore introdotto alla sua presenza da un domestico in livrea, non si può mai chiamare un povero, anche se le statue, i libri, i ninnoli ed il domestico, attendono di essere pagati. Povero, caso mai, sarà il creditore. Ora quel gran signore è stato e sarà sempre Gabriele d’Annunzio, eterno e impenitente dandy, camuffato da francescano ad uso delle vecchie signore e di qualche impenitente feticista. Dove va, per esempio, d’Annunzio quando, « crivellato » di debiti, abbandona la fastosissima « Capponcina » ed i relativi quindici servi? Alla Versiliana, splendida villa sul Tirreno. E quando lascia la Versiliana?