258 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO per il modo, da lui lorse giudicato un po’ manesco, che per la sostanza. Ogni suo gesto, ogni sua attitudine, fu sempre, anche in séguito, improntata ad un grande e severo rispetto per se stesso, unito ad una contenuta e misurata correttezza verso gli altri. Non ho l’alto onore di conoscere il Segretario Generale della Società delle Nazioni. Ma, non so perché, me lo sono sempre immaginato come un uomo di una grande elevatezza morale, cosciente della propria dignità, parco di parole, misurato nei gesti, austero in ogni sua manifestazione, compassato e freddo come si conviene al supremo capo del Consesso europeo. Ora, con tutto il rispetto alla sua altissima carica ed alla sua non meno rispettabile persona, mi permetterò di dichiarare che se un giorno fosse istituita una Società degli animali della Creazione, il tarabuso sarebbe indubbiamente l’animale più adatto ad assumerne la presidenza. Per Evandro, il far parte della casa del Poeta non costituì mai, come per gli altri animali, una specie di premio ambito che, a seconda della specie cui appartenevano, essi celebravano con abbaiamenti, scodinzolamenti, miagolii, nitriti o ragli: Evandro considerò sempre quel fatto come una specie di onore dovutogli; onore di cui certo nel suo intimo egli apprezzava il valore ma che non gli impedì mai di conservare la sua linea di impeccabile « gentleman » uscito da un romanzo di Dickens. Mai nessuno della casa, nemmeno il padrone, potè influire sulle sue abitudini: si tentò per esempio di servirgli il pesce (suo abituale nutrimento) in cucina: egli se lo portava in giardino. Vista la preferenza, si provò allora a servirglielo in giardino: Evandro lo prese nel becco e lo portò immediatamente nella stanza della guardaroba al primo piano. Talvolta d’Annunzio l’avrebbe voluto, per suo divertimento e per quello dei suoi visitatori, in salotto. Ed Evan-