768 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO rimbambito di quella forza avesse potuto interessarsi tanto alla impresa fiumana, dandogli personalmente il benvenuto, gli appuntò sul petto la Stella di Fiume. Simon Pipitone, legionario suo malgrado, trascorse a Fiume una settimana indimenticabile. Non comprendendo ancora bene la sua avventura, passava le giornate nei caffè, inneggiando al Poeta Condottiero ed alla Santa Causa in compagnia di legionari che facevano a turno ad offrirgli da bere o da mangiare e a divertirsi alle sue spalle. Dal canto loro, i suoi compagni d’avventura facevano altrettanto e peggio. Ma tutto ha un fine e specialmente la popolarità male acquistata, tanto più che Pipitone e il suo equipaggio minacciavano di mangiare e bere assai più di quello che avevano portato con la loro nave. E venne il giorno in cui 1’« Esperide », alleggerita la stiva sin dell’ultima banana, fu cortesemente pregata di andarsene. Simon Pipitone, vuotato l’ultimo bicchiere alla gloria di Fiume e del suo Poeta, parti. Otto anni dopo, ebbi la ventura di ritrovare quel buffo Ulisside a Bengasi (i). Non mi riconobbe. Potei cosi udire la narrazione della sua gesta che, acconciamente da lui modificata, i bengasini conoscevano già a memoria, da anni. «All’altezza dell’isola di Cherso » (cosi egli raccontava l’episodio centrale della sua miiifica avventura) «fui accostato da una torpediniera di d’Annunzio che mi intimò di fermarmi. Sulle prime rifiutai: ma poi, cosa avrei potuto fare contro una nave da guerra? Dovetti cedere alla forza. Le pare? E fu una gran fortuna per me. Conobbi cosi il glorioso Poeta Comandante. Che uomo! Che gentilezza! Chi non avrebbe dato tutto per lui? Era peggio che Garibaldi! Un giorno, si figuri, dopo una settimana che mi aveva decorato della « Stella » (e cosi dicendo accennava con (i) Io ero allora segretario di S. E. Teruzzi, Governatore della Cirenaica.