d’annunzio e il teatro sciasse.assolutamente libero d’Annunzio di fare agire e scegliere, a suo intero ed insindacabile talento. Escluso qualsiasi punto di vista affettivo o passionale verso l’Uomo-d’Annunzio, in lei completamente assente, malgrado dicerie e pettegolezzi corsi anche a questo riguardo, Ida Rubinstein continuò la tradizione di dedizione artistica al Poeta, iniziata dalla Duse. Un manoscritto teatrale di d’Annunzio fu sempre considerato da Ida Rubinstein come una cosa di origine divina ( I ) ; leggerlo e studiarlo, un rito; interpretarlo, qualcosa come una celebrazione religiosa. Se alla Rubinstein fosse stato dato di poter recitare una tragedia di d’Annunzio solo per sé ed il Poeta, sono certo che lo avrebbe fatto e se ne sarebbe dichiarata pienamente soddisfatta. Ha sempre ignorato, nel modo più assoluto, il « caboti-nage » comune a tutte le altre attrici (Duse e Sarah Bern-hardt comprese) (2). Non ha mai amato il palcoscenico che in quanto è Punico posto in cui la tradizione e l’interesse esigono che venga interpretata l’opera teatrale. Ha sempre spregiato il pubblico. Anche se non è sempre stata indifferente ai fischi ed agli applausi, un abisso la separa, in questo senso, dalle altre donne di teatro. Perciò d’Annunzio l’ebbe sempre cara e pur riconoscendo i difetti della sua pronuncia francese (tanto che scrisse a me un giorno di voler «creare per lei una pantomima per ricondurla al suo primo divino silenzio »), la considerò sempre come una interprete ideale benché molto suscettibile e di carattere scontroso. (1) « Archer, quelle beauté vous m’avez envoyée! », telegrafò da Pietroburgo a d’Annunzio che le aveva inviato il primo atto del • San Sebastiano » da lei atteso da mesi con incredibile ansia. (2) « Sperduta in mezzo alle frivole attriti di Parigi * diceva d’Annunzio, « come un’icona russa in mezzo ai “bibelots” della rue de la Paix ».