d’annunzio e il teatro ulivi. Lo svegliai col dovuto riguardo e gli comunicai che la rappresentazione procedeva bene. Mi rispose: « Allora, se è cosi, andiamocene a casa». E, preso un «taxi», ritornammo silenziosamente a Versailles, dove abitavamo. Alla « première», a Milano, della « Fiaccola sotto il moggio », si installò con me in un angolo del caffè Biffi, che, come è noto, si trova a due passi dal Teatro Manzoni, ove il dramma veniva rappresentato. Dopo circa un’ora e mezzo, mi mandò dalla porta del palcoscenico a vedere che cosa accadeva. Ritornai e gli dissi : « Stanno fischiando a tutto spiano ». Allora rise, poi mi rispose: « Sai di che scena si tratta? » -«No ». Guardò l’orologio e: «Sono certo che è la scena del “serparo”. Ero già convinto prima, che i milanesi non l’avrebbero digerita facilmente ». Alla « générale » dello « Chèvrefeuille » giunse con me sul palcoscenico dalla parte dell’entrata degli artisti, a metà del primo atto. Trovò un pompiere che gli sbarrò il passaggio, ritenendolo uno spettatore. Egli era infatti, come sempre, in frac. « Ah, non si può entrare ? Allora andiamo a mangiare qualche cosa, visto che non ho pranzato ». Ed entrammo al « restaurant » Maire, sul Boulevard. In un angolo vi era una giovane e bella ragazza solitaria che pranzava. D’Annunzio mi disse: « Se la invitassimo a pranzo? » - « Si può provare » risposi. E cinque minuti dopo eravamo « attablés » come tre buoni amici di vecchia data. Ad un dato momento chiesi alla ragazza: « Comment vous n’ètes pas allée voir la première qui a lieu ce soir à la Porte Saint-Martin ? » « Qju’est-ce que l’on y joue? » « Le “Chèvrefeuille” de d’Annunzio ». « D’Annunzio? Qu’est-ce que c’est que ?a? » D’Annunzio le prese la mano e gliela baciò: « Vous ètes vraiment une femme adorable! » le disse.