DA CASA DI CAMPAGNA IN VITTORIALE 779 storie, storielle e leggende, che l’autentica genesi della ormai storica dimora dannunziana che anche oggi interessa ed anche più col tempo interesserà tutto il mondo, merita di essere raccontata. Come indicazioni di possibili ville sul Garda non era pervenuta a d’Annunzio che quella inviatagli con cortesi e successive lettere dal direttore del «Corriere della Sera», senatore Luigi Albertini. Si trattava di una villa chiamata « Alba », una specie di parodia borghese del Partenone, che scartai a priori senza nemmeno entrarvi. Mi venne anche mostrata la villa Zanardelli che fra le popolazioni della regione, forse per doverosa riverenza all'illustre statista nato da quelle parti, passa per essere il « nec plus ultra » del fasto e dell’eleganza. Mi bastò vedere il terrificante salone, ove sul soffitto, per una di quelle aberrazioni di gusto cosi frequenti nell’epoca dell’ Italia umbertina, un pittore lacustre (del quale fortunatamente si è perso il nome) aveva dipinto a fresco i più noti uomini politici del Risorgimento italico in una specie di Olimpo costituzionale, ritraendone i componenti, parte in uniforme, parte in semplice «rédingote». Ognuno può comprendere quale potente stimolante delle creazioni dannunziane future avrebbero potuto rappresentare il viso giocondo di Benedetto Cairoli, o quello spettrale del generale Lamarmora, che si protendevano dal soffitto di quella incredibile sala, come fantocci di cera del Museo Grévin. Qualche mese più tardi d’Annunzio, che già abitava il Garda e che la mia descrizione di quel soffitto aveva grandemente incuriosito, volle vedere il famoso affresco e passò un’ora di intenso buon umore, dando ad intendere al giardiniere che lo accompagnava di non aver mai visto in vita sua nulla di più interessante in fatto di dipinti murali, dopo quelli dell’Orcagna nel cimitero di Pisa. Finalmente, dopo una settimana di vane ricerche in cui