LA CONFESSIONE DI UN’IGNOTA 643 sempre vestito cosi, e che l’ultima volta che l’avevo visto era vestito in altro modo (in borghese, disse lui ridendo) unicamente perché, appena tornato da una passeggiata a cavallo, non aveva avuto il tempo di mutare d’abito. « Mi versò del tè, un tè cinese oltremodo leggero e profumato, di una qualità che detesto, ma che, per cortesia, dovetti dichiarare delizioso. « Il Poeta ne versò anche nella sua tazza alla quale si accontentò di avvicinare le labbra una sola volta e quasi per caso; poi (qui la mia storia, direte voi, incomincia finalmente a diventare interessante) di scatto, come per una improvvisa decisione e senza che alcuna preparazione verbale o materiale giustificasse il gesto, si sedette sul tappeto, accanto a me, molto accanto a me, colle gambe incrociate alla turca e appoggiò leggermente il suo corpo alle mie ginocchia. « L’idea di evitare il contatto del suo corpo, scostandomi, non fosse che di qualche centimetro, mi attraversò immediatamente il cervello, ma con altrettanta rapidità pensai che il gesto che stavo per compiere avrebbe potuto sembrare esagerato e fuor di luogo. Dando troppa importanza ad un perdonabile atto giovanile, gli avrei attribuita un’intenzione che forse era lontana dal pensiero del Poeta, ed egli, dal canto suo, avrebbe potuto attribuire a me un timore che per il momento non esisteva. Cosi pensai, e conservai quindi coraggiosamente la mia posizione, attendendo lo svolgersi degli avvenimenti. « Da quell’istante però, devo dirlo, il Poeta cominciò a mostrare delle intenzioni più precise a mio riguardo, cosa che fino a quel giorno non era avvenuta mai né m’era stata preannunziata da alcun indizio. « Mi prese le mani tra le sue e, lentamente, accarezzandole, incominciò a parlarmi... « Sono passati più di dieci anni da quel giorno lontano ; molti avvenimenti della vita hanno modificato il mio modo di essere e di pensare. Una vera tempesta di scetticismo s’è