542 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO guato del più alto rappresentante intellettuale dei combattenti italiani che sente se stesso, e quindi la Patria in cui egli si impersona, diminuita, a torto ed in mala fede, da coloro che dovrebbero essere i primi a riconoscerne il valore ed il merito (i). E veniamo al periodo fiumano, periodo in cui la ricordata « arte di governare » avrebbe dovuto trovare finalmente, da parte di d’Annunzio, la sua esplicazione e la sua applicazione. Nei ventun mesi del suo governo della città, d’Annunzio fu libero di prendere tutti i provvedimenti interni che giudicò opportuni e vantaggiosi per i suoi governati, ma nei suoi atti e nelle sue decisioni politiche egli fu ancor più che libero: fu despota ed arbitro, assoluto e incontrollabile. In materia militare i suoi generali, e in materia amministrativa il Podestà e gli antichi membri del Consiglio Nazionale di Fiume, possono sottoporgli delle idee, offrirgli il concorso della loro competenza. Egli li ascolta con la sua consueta deferenza, discute con loro i vantaggi dei provvedimenti proposti, talvolta persino (in materia finanziaria) firma senza discutere quel che gli vien proposto. Ma in materia politica, in compenso, le deliberazioni emanano unicamente da lui e sono frutto del suo esclusivo giudizio personale. Non è nemmeno il caso di dire che i suoi collaboratori non si azzardino a formulare pareri diversi dal suo, perché nessuno si arroga nemmeno il diritto di interessarsene. Il Comandante, in questo campo, è lasciato libero di fare tutto quel che gli aggrada. I legionari e i cittadini, non solo si inchinano, ma applaudono ad ogni sua decisione. (i) Intorno a questo volume e agli interessanti incidenti che accompagnarono la sua pubblicazione, il lettore troverà dei particolari nel capitolo: < D’Annunzio e la guerra ».