514 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO Ma la mia carica esigeva che io simulassi di credere alla versione ufficiale. Mi limitai perciò a rispondere che me ne sarei incaricato in giornata, tanto più che trovavo simpatico da parte sua che ogni tanto egli si occupasse di sollevare le miserie altrui. E, nel pomeriggio, andai. Fui introdotto in un piccolo e modesto salottino di un triste pianterremo della rue de Rennes. I mobili e gli ornamenti erano tali da ispirare veramente la compassione; non tanto perché fossero miserevoli, ma perché emanavano un tale profumo di « sorpassato » e insieme di cosi irresistibilmente melanconico da strappare le lacrime: vecchi ventagli, vecchissimi premi di « cotil-lons » e di balli in costume, dei quali i partecipanti dovevano essere certamente tutti morti, fotografìe ingiallite dal tempo... Ma, in mezzo a tante desolate memorie, come uno splendido raggio di sole fra il grigiore di nubi plumbee, ben in vista sul caminetto, brillava una fotografìa certo recente di una magnifica ragazza di non più di vent’anni, in vestito da sera. « Se questa è la ballerina », pensai, « la scrittura è assicurata. » Proprio in quell’istante la ballerina entrò; dico la ballerina perché come tale essa si qualificò immediatamente prima che io le rivolgessi la parola. Mi appoggiai tremando alla spalliera di una poltrona. Era una donnotta grassa e piccola, di età imprecisabile, la cui lontana e perdutissima giovinezza doveva senza dubbio datare dall’epoca dei ricordi appesi alle pareti, la quale non appena ebbe udito che venivo da parte di d’Annunzio (né avrei potuto celarglielo) dopo interminabili ringraziamenti, iniziò il racconto della sua vita avventurosa, incominciandola da quando era stata messa a balia nel Cantone di Neufchàtel. II racconto incominciato verso le tre del pomeriggio sta-