8o6 VITA SEGRETA DI GABRIELE D'ANNUNZIO età o che, volendogliene attribuire una, s’avvicina a quei volti inquietanti di centenari che sembrano già in anticipo portare le stigmate del mistero. Il corpo ha invece conservato in parte il suo aspetto di un tempo benché anche in questo si avverta un decadimento generale; una specie di « rapetissement » come dicono i francesi, parola alla quale non so trovarne una corrispondente nella mia lingua. L’inclinazione della sua spalla destra s’è fatta assai più marcata; i movimenti non hanno più queU’armonia e quella naturalezza che possedevano ancora qualche anno fa; v’è un che di forzato nei suoi scatti, nel suo volgersi, nel suo chinarsi, quasiché egli volesse dimostrare a chi l’osserva, che non ha perduto nulla della giovanilità e della sua esuberanza di un tempo. L’emissione della sua voce, pur sempre sonora e squillante, è talvolta incerta. I gesti coi quali egli ha sempre avuto l’abitudine di accompagnare e sottolineare le sue parole, hanno perduto assai della loro naturalezza ed eleganza. Sembrano talvolta quelli di un uomo indicibilmente stanco, talvolta quelli di chi è risvegliato all’improwiso e non può ancora controllarli. Compresi allora quanto vi fosse di vero e di atrocemente sentito nella lettera che egli m’aveva inviato salutando il mio arrivo qualche giorno innanzi e precisamente nella notte del trentun dicembre, un quarto d’ora prima che il nuovo anno nascesse. « Mio caro Tom, « ben venuto. Io non sto bene; ma non de' meschini mali soffro: patisco il Natale d'infanzia, il Natale di Sangue, il Natale di Miseria. « Credo che son morto come il cavaliere Boiardo all'assedio di Brescia. « De moije ne saurois tirer outre, carje suis mort. *