DA CASA DI CAMPAGNA IN VITTORIALE 801 mio desiderio né compito mostrare quello che diventerà il museo abitato ormai solo dalPimmensa ombra di un genio, bensì la casa che ancora ospitava un uomo vivo fatto di carne ed ossa, di vizi e di virtù, di inconcepibili contrasti e di inspiegabili stravaganze delle quali egli stesso o non si rendeva conto o rifiutava di dare spiegazioni, la casa « d’uomo prode » che d’Annunzio pose sotto la protezione della Vittoria (i). E forse è questa la ragione vera per cui egli ha voluto impedire persino la speranza d’ogni spiegazione dell’enigma della sua vita, facendo cancellare quelle parole strane che stavano scritte al sommo della porta dell'ultima superba dimora che gli era riservata: « Somnii explanatio ». Al contrario di molti artisti grandi e piccoli, per i quali la casa, quando i guadagni fatti permettono loro di possederne una, non rappresenta che un elemento ornamentale o, più spesso, una semplice ostentazione di ricchezza (un caso simile si è già verificato per Edmond Rostand ed uno più recente per Maurizio Maeterlinck), d’Annunzio fu sempre un « assiduo abitatore » delle proprie successive case, e sempre fu difficile strapparlo dalle loro mura anche quando il suo preciso interesse glielo avrebbe consigliato. Cosi avvenne per la famosa « Capponcina » sui colli di Fiesole, cosi per lo « Chalet Saint-Dominique » ad Arca-chon, che furono i rifugi preferiti dal suo amore per la solitudine, per molti anni. Ma questa disperata passione per l’isolamento raggiunse il suo apice al « Vittoriale », dove d’Annunzio riviveva i sogni del suo eroismo « immaginifico » forse anche perché esso non rappresentò più, ultimamente, una casa, una villa o un castello, ma un vero e proprio dominio, godente di (i) Ecco l’iscrizione sulla porta d’ingresso: « Sia pace a questa casa -Spirito di Vittoria dia pace a questa casa d’uomo prode ». 5»-