d’annunzio e l’inconoscibile 391 maso da Celano (biografo del Santo) che « Francesco soleva cantare in francese e in provenzale; che amava i vestiti eleganti e sfarzosi e ne faceva confezionare apposta di colorati in modo strano per attirare maggiormente gli sguardi del pubblico; che si appassionava ai tornei, alle cacce, alle giostre, ed ai banchetti. Che amava vivande squisite e cibi rari. Che, nella piana fra Assisi e Perugia, combattè da eroe. Che era nemico di viltà. Che, per primo, alla presa della Rocca di Nardi diede la scalata alle mura »... Non ha forse d’Annunzio fatto anche lui tutto questo, in pace ed in guerra? Non ha forse cantato in francese, non s’è forse vestito raffinatamente, non ha provocato con-tin uamente l’ammirazione e la curiosità del pubblico, non ha amato sempre le vivande rare e squisite, non ha marciato per primo alla presa del Veliki, non è stato sempre prode in guerra e nemico d’ogni viltà? Ma questa vita di Francesco narrata da Tomaso da Celano non è la vita di San Francesco d’Assisi. È quella presanta, quella del figlio di Pietro Bernardone, ricco negoziante di Assisi, è quella vita che Francesco, divenuto Santo, rinnega, aborre e vuol dimenticare per poter celebrare degnamente le sue mistiche nozze con Suora Povertà. A questa stregua tutti i libertini e i gaudenti del mondo potrebbero proclamarsi seguaci di Sant’Agostino (che nella sua gioventù si spassò quanto potè) e tutti gli ufficiali dichiararsi discepoli di Sant’ Ignazio perché servi nell’esercito spagnolo! Del resto non credo che d’Annunzio abbia mai pensato neppure un istante a quel periodo della vita del Santo che ho riportato, quando si paragona a lui con una disinvoltura che oltrepassa il credibile e con una mancanza di misura talvolta curiosa in un uomo del suo gusto. Non chiama egli « Porziuncula » la villetta della Duse a Settignano (dove egli va a trovarla quasi ogni giorno), quasi che fosse ammissibile un parallelo tra gli spirituali conviti di Clara