14 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO « Dammi pure anche la tua valigia da portare » mi disse con calma. «Tanto, senza occhiali, io non sono più buono a nulla... Posso soltanto fare il facchino ». Gli occhi di d’Annunzio sono di colore indefinibile, gri-gio-castano; mobilissimi, essi rivelano una curiosità instancabile e sempre desta; l’uso dell’occhio sinistro fu per lui compromesso durante la guerra, in conseguenza di un brusco atterramento d’aeroplano, avvenuto nel 1916, che gli produsse il distacco della rètina. Le sublimi pagine del « Notturno » hanno eternato il lungo e doloroso periodo di cura al quale il Poeta dovette assoggettarsi per evitare una completa cecità. Anche ora egli è costretto a molte cure e attenzioni per evitare il pericolo di perdere l’uso di quell’occhio che gli è rimasto, di « quella pupilla, nel tempo medesimo lucida ed allucinata, che ancor serbo sotto la palpebra », scrive egli stesso. Dopo aver passato una serata ad assistere a visioni di film che gli avevo portati al Vittoriale, mi scrisse : «Per aver trasgredito la Regola, nell' oblio che mi davano i rinnovati piaceri dell’Amicizia, ho passato una cattiva notte. Inoltre, la mia rètina mal cicatrizzata è ormai una lastra fotografica di una sensibilità suprema ». Benché d’Annunzio abbia una infelice dentatura, difetto che, al contrario della calvizie, lo ha sempre addolorato, il frequente sorriso della sua bocca che a torto egli chiamò « amara, senza rinunzia e senza pace », è dolce ed espressivo. È dotato di una eccezionale sensibilità uditiva. « L’orecchio mio », egli scrisse, « è il più ben costrutto degli orecchi umani e sovrumani, da quel di Adamo che cosi male interpretava i sibili del Serpente e i gemiti del Pomo fenduto. » Mi disse un giorno: « Sa scindere nelle sue parti il rumore; persino quello di un’acqua corrente fra pareti lisce. È tanto sensibile il mio orecchio, che mi fa paura: Una volta ero accanto a To-scanini che dirigeva una prova d’orchestra, e con grande stupore