COME D’ANNUNZIO CREA UN CAPOLAVORO 367 anni prima, all’epoca in cui io ero editore ed egli stava scrivendo la « Vita di Gola di Rienzo » per la Rivista « Il Rinascimento » che la mia Casa Editrice pubblicava, egli, con lettere e telegrammi successivi, mi faceva partecipare allo svolgimento ed alle fasi della sua creazione. Sovente nel testo del manoscritto originale d’Annunzio apporta delle interpolazioni di intere pagine aggiunte. In tal caso, per evitare il cambio della numerazione dei fogli, incolla egli stesso il foglio aggiunto al precedente e al susseguente, arrivando cosi a costruire dei fogli di manoscritto lunghi talvolta addirittura dei metri, che ama poi mostrare agli amici. Ho raccontato altrove l’importanza enorme che il Poeta dà agli errori nelle bozze di stampa. Posso qui aggiungere che egli non fa mai, sulle bozze stesse, alcuna sostanziale modificazione del testo. Ha scritto a questo proposito, che non gli è mai stato possibile di « vincere l’antica ripugnanza alla dettatura e il pudore segreto dell’arte che non vuole intermediari né testimoni fra la materia e colui che la tratta ». In vita sua d’Annunzio non ha mai dettato una riga. È a tal punto incapace di comporre dettando, che persino durante il lungo periodo di oscurità obbligatoria ed assoluta, a cui fu sottoposto dai medici, dopo il distacco della rètina dell’occhio destro (e ciò per impedire che fosse compromesso anche l’altro occhio) egli scrisse faticosamente su listerelle di carta chiuse fra tavolette di legno che s’era fatto fare espressamente. Fu in questo modo che egli compose per quasi tre quarti il « Notturno ». Posta l’ultima parola al manoscritto e aggiuntavi la parola fine, ( 1 ) d’Annunzio per una inveterata abitudine, dive- (1) Inviandomi le ultime pagine manoscritte della «Vita di Cola di Rienzo » mi telegrafò: « Spedisco il resto. Ho finalmente ammazzato lo smisurato bùfalo! *