682 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO Le notizie che giunsero da Roma la sera stessa non servirono certo a rinfrancargli l’animo. I neutralisti, con alla testa Giolitti ed a fianco, nell’ombra, l’astuto von Bulow ambasciatore di Germania a Roma, avevano intuito il pericolo ed erano corsi ai ripari. Urgeva per essi che la voce di d’Annunzio fosse al più presto soffocata; essa minacciava non più di trascinare un Governo, ma un intero popolo. II vecchio Giolitti, realista fino al midollo, incapace per carattere di comprendere e valutare l’ascendente di un poeta (i), aveva dovuto finalmente convincersi che i valori ideali avevano pure il loro peso nei destini di una nazione. Anzi, tanto se ne convinse, che giudicò indispensabile la sua presenza a Roma e lasciò il Piemonte ove si trovava. Gli interventisti, dal canto loro, si resero conto che solo d’Annunzio, ormai fortunatamente in Italia, poteva controbilanciare la disgregante azione del vecchio ed abile parlamentare. Uno d’essi, che era venuto a Genova ad accogliere il Poeta, corse di nuovo a Roma. « Questo antico e fedele amico di d’Annunzio (cosi racconta Jean Carrère, testimonio oculare, nel suo opuscolo « Avec d’Annunzio en mai 1915 ») inviò a Genova il 7 maggio 1915, al segretario del Poeta, Tom Antongini, il seguente telegramma: « Siete attesi a pranzo mercoledì sera ore nove. Saremo molti amici stazione». La sera, giunse la risposta del segretario: « Sta bene. Mercoledì sera stazione ore nove. Contiamo trovarvi con qualche amico ». « Il mercoledì sera dunque, Gabriele d’Annunzio e il suo segretario scesero alla stazione di Roma. Vi era infatti (1) Vari anni prima, durante una delle sue innumerevoli incarnazioni ministeriali, Giolitti citò in Parlamento, in un suo discorso, un verso di Dante. I deputati si guardarono stupiti come davanti ad un fatto inesplicabile e scoppiarono fragorosamente a ridere. Il passo dantesco, lo noto per la storia, era il seguente: « ...insino al piano - che da Vercelli a Marcabò dichina >.