D’ANNUNZIO E IL CINEMATOGRAFO 183 i palati pur cosi delicati dell’Europa. Essa possiede, salvo necessarie modifiche e adattamenti ai quali d’Annunzio avrebbe certo aderito, tutti i requisiti per interessare qualunque pubblico; e, se si considera che dopo « Cabiria » (che fu un successo incontrastato e strepitoso) d’Annunzio non firmò più alcun film, devo concludere che egli non abbia più trovato compratori, unicamente per quella mancanza di sensibilità di cui dànno prova da quasi vent’anni (salvo rare e rispettabili eccezioni) i direttori e i registi delle grandi Case cinematografiche. La guerra, come aveva arrestata l’effettiva produzione letteraria di d’Annunzio, arrestò anche quella, almeno intenzionale, che egli andava svolgendo nel campo cinematografico. Soltanto a Fiume, le sue intenzioni sembrarono volersi mutare in realtà, e assumere l’aspetto, veramente nuovo ed imprevisto, di un « film fiumano ». Le trattative furono condotte anche questa volta da me. Posso quindi descriverne le curiose fasi, che tra l’altro servono mirabilmente a lumeggiare la psicologia del Poeta. Due americani del Nord, indiscutibili dal punto di vista della serietà e della potenzialità finanziaria (di uno di loro si portava garante personalmente il famoso architetto americano Witney Warren, amicissimo di d’Annunzio) vennero a trovarmi a Fiume, all’Hótel Europa, nella primavera del i920> e mi proposero per d’Annunzio il seguente affare. Il Poeta avrebbe scritto per loro, entro tre mesi dal contratto, un film fiumano. Per « film fiumano » essi intendevano un soggetto drammatico qualsiasi che avesse per sfondo la città e la vita di Fiume in quei mesi di passione. Alle «riprese » fiumane avrebbero provveduto essi stessi senza che nemmeno il Comandante se ne accorgesse. Il che, tra parentesi, era attuabilissimo. Il Comandante, ogni giorno, passava in rivista