LA CONFESSIONE DI UN'IGNOTA 641 ne a cui ho accennato, profumo di cui, per amabilità, m’ero abbondantemente cosparsi il mantello, il vestito e il fazzoletto. « D’Annunzio se ne accorse subito e mi ringraziò di quella attenzione, in modo molto discreto e galante. « E qui, permettetemi d’aprire una parentesi necessaria per la comprensione di questa mia confessione. M’accadrà molto raramente di citare parole di d’Annunzio. La ragione è semplice: quando d’Annunzio parla, malgrado il suo genio e l’inverosimile ricchezza di vocaboli di cui dispone la sua memoria, è forzatamente obbligato ad esprimersi, per non sembrare affettato o ridicolo, press’a poco come tutti, specialmente se la conversazione si svolge su fatti o cose della vita abituale. « Certo le sue frasi sono più eleganti, più ben tornite di quelle del comune degli uomini; i suoi vocaboli, più scelti; ma non è in questo che egli differisce totalmente dagli altri. «Sono il suo modo “musicale” di pronunciare le parole, il ritmo delle sue espressioni, il suono della sua voce, che dànno alla sua conversazione una seduzione speciale, un potere suggestivo. « Qjueste qualità, indubbiamente rare, sono assai diffìcili da analizzare e da descrivere; vi assicuro che è infinitamente più facile il constatarle. « Ma per ritornare al punto in cui ho interrotto il mio racconto, aggiungerò che quell’insieme di profumi violenti, quasi «angoscianti» (non trovo altro aggettivo) che empiva l’appartamento, non era affatto d’una tonalità voluttuosa. L’odore dell’incenso che predominava sugli altri, dava piuttosto la sensazione di essere in una chiesa che non in una “gentilhommière”. « Era a tal punto intenso ed esasperante, che non rinunciai a dichiararlo al mio ospite nel momento in cui egli sta-va pregandomi (preghiera da me prevista ed in ogni caso inevitabile) di togliermi il cappello. * D’Annunzio sorrise alla mia osservazione sul profumo e 4«.