d’annunzio e i suoi collaboratori 487 sti due nomi uniti in un conato d’arte comune danno un suono stridulo e falso; essi non s’intenderanno mai e non s’incontreranno sulla stessa via. Ciò è logico, fatale, lucido, e tutti quelli che hanno riprodotta la notizia dovevano ben intendere il sapore di burletta o il carattere inverosimile che l’informava. Gabriele d’Annunzio per ora non scrive libretti, e, su la musica, e su quello che, come visione fantastica, come gemella dell’altra arte, deve essere la poesia, ha idee molto diverse da quelle di Pietro Mascagni. A moltissimi può piacere meglio il vangelo d’arte di d’Annunzio, ad altri numerosissimi l’opera di Pietro Mascagni. Ma confondere l’uno con l’altro è prova evidente che non si comprendono le gerarchie e le differenze che sono e s’alternano nei regni dello spirito. » Emy Mascagni, figlia di Pietro Mascagni, inserì in un suo romanzo ( « S’inginocchi la più piccina ! ») l’origine e lo svolgersi della collaborazione del Poeta con suo padre. Nel suo libro, si limita a riferire i dialoghi più notevoli e le reciproche facezie dei due collaboratori durante quel breve periodo di vita semi-comune, dialoghi ai quali ella sovente assisteva. Essi sono generalmente interessanti, ma in ogni caso di pochissimo giovamento alla comprensione del pensiero e della psicologia dei due artisti, poiché non bisogna mai dimenticare che d’Annunzio, nei suoi rapporti sociali, mentiva nove volte su dieci per cortesia, e che Mascagni dal canto suo fa lo stesso. So che assistendo sovente anch’io, all’Hòtel d’Iéna e al-l’Hòtel Scribe, a quei contraddittorii verbali, imposi a me stesso sempre di attendere il ritorno a casa di d’Annunzio, per rendermi conto di quel che veramente il Poeta pensava ed aveva pensato del suo collaboratore, giacché alle sue parole dette in presenza di Mascagni sarebbe stato da parte mia troppo ingenuo prestar fede anche solo parzialmente. La verità, diciamola anche se cruda, è che d’Annunzio a queste collaborazioni (svanito l’entusiasmo iniziale) diede